È un bel parlare, quello del corallo. Suscita tante emozioni, e anche curiosità, perché prima o poi si scopre che in antico, ma anche non tanto, il corallo era considerato un amuleto presso molte popolazioni.
Lo voglio richiamare qui perché a un certo punto il corallo è comparso in un contesto imprevedibile, nella nostra vita, suscitando curiosità e interesse. E c’entra di nuovo la pittura.
Anni fa ci è capitato di trovarci a Perugia per vari motivi, e abbiamo avuto modo e voglia di visitare il Museo Archeologico, che non conoscevamo. È stata una decisione molto utile e fortunata, che ci ha permesso di incontrare reperti interessantissimi.
La sezione che, comunque, ci ha fatto sostare un po’ di più è stata quella degli amuleti di Giuseppe Bellucci (1844-1921), un insigne scienziato perugino, del quale dal 2000 il Museo ha messo in mostra molti degli amuleti che lui aveva raccolto durante la sua vita e attività, provenienti specialmente dall’Italia centro-meridionale, che riguardano varie ‘materie’ (il fulmine, la grandine, il matrimonio, il malocchio, ecc.). Perché ci ha incuriosito questa sezione? perché nella storia, soprattutto giovanile di Giuliana, in Abruzzo, lei ha vissuto abbastanza a lungo a contatto con le due nonne, entrambe nate intorno agli anni 80 dell’800, una delle quali analfabeta e contadina-padrona del suo podere, l’altra ortolana e anche lei proprietaria dei suoi campi, fortemente legate alla loro terra e alle tradizioni del posto. Per cui Giuliana aveva sentito e memorizzato storie, credenze, usi, superstizioni intense e straordinarie, che io, veneto e figlio di contadini e artigiani, conoscevo poco e vagamente, e solo attraverso qualche lettura occasionale. Da noi il malocchio era inesistente, nella mia esperienza diretta col mondo dei nonni (anch’essi di fine ’800) e degli zii più vecchi, nati a inizio ’900 o poco dopo.
Tra tutti ci colpisce questa riproduzione, d’un ben noto quadro, che conoscevamo: di Piero della Francesca. Guardo Giuliana, che è sorpresa ma meditabonda, e mentre la vedo rendersi conto e accennare, con la testa, mi racconta di suo prozio Saulle, che da bambino – le avevano riferito – era stato rapito dalle streghe (siamo in Abruzzo): forse, suppone, non aveva il ciuffetto del tasso nella culla, almeno come quello del Gesù di Piero. Ci viene da ridere, ma non molto.
Il Piero, però, ha messo il corallo al Bambin Gesù della Madonna di Senigallia e anche a quello della Pala di Brera: allora anche lui era fissato col malocchio; o intendeva, come qualcuno ha cercato di sviarne il significato, che il corallo alludesse al sangue di Cristo? Mah, non ne sono molto convinto.
Fatto curioso: anche di recente in un bel documentario TV su Piero, nessuno dei dotti studiosi e storici dell’arte intervistati ha neppure accennato a questa funzione del corallo. E in passato neppure: non ho memoria di averlo mai sentito da nessuno, se si parla del grande pittore toscano. Eppure l’usanza era piuttosto diffusa, specialmente nei secoli XIV-XV, tra vari pittori, compresi anche un Raffaello, un Carpaccio e non solo (mica nomi da niente: Carpaccio, poi, è veneziano, neanche dell’Italia centro-meridionale): allora cosa guardano i tecnici? danno per decorativo ogni oggetto che viene dipinto nel quadro? Che siano stati presi anche loro dalla fascinazione, e cioè dal malocchio, che non riescono a farcene cenno?
Ancora oggi, magari in modo meno palese di un tempo, succede questo, in Valnerina, dunque in una zona abbastanza ampia dell’Umbria:
“Il pelo di tasso nel pensiero magico e religioso della Valnerina
Il pelo di tasso, purché regalato o rubato, o un pezzo di pelle munita di pelo, costituisce uno dei più efficaci antidoti all’oscuro potere della fascinazione (comunemente detta malocchio) e, nella cultura popolare, è usato come amuleto ogni qualvolta esista il rischio di essere esposti agli effetti della fascinazione: sul giogo dei buoi durante l’aratura, sui campani degli armenti che trainano il carro su cui viene trasportato il corredo nuziale diretto alla nuova residenza della sposa, sulla bandella del fucile da caccia, sulla porta delle stalle. L’assidua presenza del pelo di tasso a fianco delle immagini dei Santi dimostra quanto la componente magica sia ancora presente ed attiva nella cultura contadina e pastorale”.
Buono a sapersi.
18 Settembre 2023