Avevo scritto dell’altro anche su Giuliana, nelle settimane passate, che riproporrò più avanti; ora incombono ricordi e viste tipiche di novembre, periodo particolare per Giuliana, sposatasi in quel mese, felicissima per questo e per essersi fatta – lei, da sola – l’abito da sposa con tanta dedizione.
Ogni anno novembre le regalava colori e paesaggi pressoché unici alla sua voglia di luce, di Monte Baldo, di boschi che trascoloravano, di tramonti, di orizzonti sconfinati che solo febbraio, in modo quasi simmetrico nell’arco dell’anno, in qualche forma riproponeva, come si vede nelle foto scattate due giorni fa, il 4 novembre di quest’anno, dalla strada sterrata poco sotto il rifugio Chierego, sul Monte Baldo: una intorno ai 1800 di quota, col basso Garda tutto disteso e lucido, la prima spolverata di neve e le vette degli Appennini all’orizzonte;
e l’altra, poco più in basso, con la distesa delle faggete inondate dal sole che tramonta e incendia il golfo di Salò, Manerba e Desenzano, mentre per qualche minuto con i suoi raggi colora tutto quel che può, ma non il naso (visibile appena, nella parte scura) del Pizzocolo sulla sponda bresciana, dunque a destra nella foto, monte dal quale si vedrebbe il Baldo in tutta la sua lunghezza e maestosità (il Baldo si sviluppa come una piccola catena, raggiungendo e superando i 2200 m di altitudine, lungo la sponda veronese del lago di Garda, fino ai consolidamenti e alle ramificazioni delle prealpi trentine, a Nord).
Chi ha fatto quelle foto, mio figlio ormai grandicello (ha due figli anche lui, il maggiore dei quali – quello che a otto anni ha ‘aiutato’ la nonna Giuliana a impostare il disegno del ricamo per la Mostra di Valtopina, oggi conservato in quel museo – sta riflettendo a fondo su quale scuola superiore frequentare l’anno prossimo, visto che siamo quasi in tempo di preiscrizione), ogni tanto in giorni folgoranti come questo delle foto mio figlio, dicevo, va a controllare se da lassù riesce a vedere quello che un 4 novembre di quando lui aveva dieci anni, più o meno, insieme alla sorellina giocherellona e ai due genitori, quella volta era rimasto sorpreso e quasi folgorato, negli stessi posti delle foto, da quello che secondo lui non poteva essere che il Monviso, all’orizzonte verso Ovest, nonostante i dubbi della mamma Giuliana e del padre. Lui, fin dalle elementari mangiatore di carte geografiche che trovava in casa un po’ dovunque, partì allora dal presupposto che il Monviso, sì, quello da dove nasce il Po, è piuttosto isolato come sviluppo in altitudine rispetto ai monti che ha vicino. Infatti, diceva, con i suoi 3800 e oltre m, non ha nessun altro monte per decine e decine di km che tutto intorno gli faccia compagnia a quelle altezze: perciò si staglia all’orizzonte ben visibile anche da lontano, quando il cielo è terso! Questa la sua idea, che io – tornati a casa e un po’ convinto di quel che diceva il bimbo di dieci anni – ho cercato di controllare: e mi sono accorto che il Monviso, oltre che essere ‘isolato’, come diceva mio figlio, rispetto ad altri monti più bassi di quota, è un monte piuttosto vicino alla pianura sottostante: non è aggregato, come il Bianco, il Rosa, ecc., ad altri; non fa ‘gruppo’. Perciò, ho pensato, ha ragione il bambino a pensare che sia così visibile, rispetto ai vicini.
Passano i giorni, chiedo a amici e veterani del Baldo, ecc. ma niente: nessuno aveva avuto un’esperienza del genere. Recupero una foto del Monviso scattata, però, pochi km a sud di Torino dalla pianura, e poco prima del tramonto, dalla quale risulta chiaro l’isolamento, diciamo, del Monviso rispetto alle montagne circostanti.
Finché mi imbatto, scovandolo negli anfratti delle mie cose ‘geografiche’ domestiche, in un prezioso libretto che anni prima mi avevano regalato dei cari amici di Caprino (paese ai piedi del Monte Baldo), e non ritrovavo, il cui titolo – Itinerari baldensi – non poteva che far ben sperare. Ne ricordavo alcune parti, certe belle foto e il testo, anche: e scopro che sotto tutto questo c’è il grande nostro conterraneo, Eugenio Turri, eminenza di geografo in ambito europeo, non solo veronese, di sicuro il massimo conoscitore del Monte Baldo, che ha descritto in un geniale monografia. Fin che sfoglio il libretto, giusto per avere qualche indicazione (per altro insperata), arrivo alla fine, alle ultime pagine, quando mi si spalanca letteralmente davanti il bel disegno che metto anche qui, e riproduce con una precisione degna di una pubblicazione ben più rinomata del volumetto che tenevo in mano, quello che dice con evidenza la didascalia: e eccolo là il triangolino inconfondibile del Monviso, ben isolato, distinto e visibile. Incredibile, o quasi. Sembra proprio un disegno delineato dal bravo autore proprio dal Baldo, più o meno alla nostra altezza di quel memorabile 4 novembre.
Da allora, quando si tornava da quelle parti sul Baldo, naturalmente se la giornata era altrettanto limpida, il gioco diventava quello di rintracciare anche il Monte Bianco e il Rosa, che, come si nota nel disegno, sono piuttosto aggrovigliati tra loro e con altri monti ‘intorno’: ma, insomma, diciamo che qualche volta ci è parso di vederli; chissà.
Tuttavia né mio figlio né altri in famiglia ha più visto il Monviso, da lassù. È stato emozionante, per Giuliana, ritrovarlo anni dopo, quando è stata invitata dalla cara amica Gisella alla prima Mostra (purtroppo oggi non più riproposta), per la quale Giuliana aveva scritto, nel suo sito www.filofilo.it (allora i social ancora non c’erano):
“Sono stata invitata dall’organizzatrice, la signora Gisella Tamagno esperta del ricamo Bandera e autrice di importanti pubblicazioni nel settore, anche alla seconda edizione [2010] della bella Mostra mercato Fili magici (ricami, merletti e…), che si tiene nel Castello di Vinovo, alle porte di Torino, come la prima del 2008. Da venerdì 14 maggio (pomeriggio) a domenica 16 (fino a sera) questa sarà un’occasione considerevole per incontrare e conoscere scuole, maestre, ateliers, manufatti, libri, kits che riguardano una cinquantina di tecniche differenti, in prevalenza di ricamo a mano. Oltre ai miei libri (tutti in tre lingue: italiano, francese e inglese), presenterò a Vinovo i miei kit di Reticello, freschi di stampa e del tutto rinnovati, anche in edizione completa, per chi lo preferisce (vale a dire comprensiva del tessuto, dei filati e degli aghi occorrenti per eseguire il manufatto proposto, in genere un cuscino, un centro tavola o una tovaglia). Anche i kit, come i libri, possono essere acquistati in tre edizioni, o in italiano, o in francese o in inglese.”
Percorrendo con la macchina la strada verso Torino, e poi nei giorni della mostra quando da Vinovo si andava e tornava all’Hotel che ci ospitava, la sagoma del Monviso era in genere lo sfondo per quei trasferimenti. Un ricordo preciso, per noi, di quell’antico e ‘leggendario’ 4 novembre, finito con una raccolta favolosa di nocciole sotto gli alberi di lassù che nessuno dei montanari raccoglieva più, a sole ormai tramontato, col primo freddo pungente.
Esperienza gioiosa e indimenticabile.
6 novembre 2023